Questa è una newsletter che segnala e racconta storie.
'Intuizione', in inglese, non si scrive 'Intweetion',
ma si pronuncia - quasi - nello stesso modo.
In attesa del nuovo numero della newsletter (portate pazienza: è quasi pronto), ho pensato che molti di voi non leggevano “Intweetion” quando era ospitata da Tinyletter. Quindi mi sono detto che forse una raccolta di link poteva fare al caso mio e, magari, pure al vostro. Una specie di ‘raccoltona’, come quelle enigmistiche, incellophanate e impilate nelle edicole delle località di villeggiatura.
(Non sono in ordine cronologico, ci mancherebbe, pigro come sono)
Uno degli utilizzi più controversi (e fondamentalmente inesatti) del concetto di errore è quello che lo associa al rumore. Associamo il rumore al fastidio uditivo, ma stiamo facendo una grossolana generalizzazione: è una questione ben più complessa di frequenze e di contesto acustico. I rumori spesso sono tutt'altro che 'errori' e il confine con le dissonanze che percepiamo quotidianamente può essere molto labile. Per esempio, i rumori della città in qualche modo sono parte integrante di come la viviamo. Quelli della New York Public Library lo sanno bene e hanno realizzato una bellissima playlist su Spotify intitolata proprio Missing Sounds of New York.
Prima - molto prima - del "Blue Screen of Death" di Windows o delle pagine "404 - not found", la comunità degli appassionati di informatica aveva già la sua piccola 'libreria degli errori' che raccoglieva i messaggi programmati per avvisare l'utente che qualcosa era andato storto. Una specie di 'letteratura' del crash che culminò con uno dei messaggi più 'amati': il "Guru Meditation" del Commodore Amiga. Quando il leggendario team di programmatori stava lavorando al sistema operativo, teneva per svago negli uffici un Joyboard. Il Joyboard era una specie di antesignano della Wii Balance: una periferica che andava collegata all'Atari 2600 e permetteva di 'guidare' il protagonista dei videogiochi con il movimento dei piedi anziché con il joystick. I programmatori dell'Amiga, nei momenti di maggiore stress e frustrazione si 'appollaiavano' a gambe intrecciate (come un 'guru in meditazione' appunto) sul Joyboard cercando di mantenere l'equilibrio. L'abitudine era diventata una gara, e il "Guru meditation error" era la frase che veniva pronunciata quando qualcuno sbagliava.
Sicuramente la UX e l'estetica digitale sono tra le realtà che da alcuni anni 'flirtano' più spesso delle altre con il concetto di "errore" (nello specifico con quello di glitch). Il discorso meriterebbe tutt'altro approfondimento, ma diciamo che col tempo c'è stata una sorta di 'degenerazione', terminata con un'estetica diffusa di quello che definirei "brutto fine a se stesso" (ha colpito il graphic design ma anche l'illustrazione, per dire). Il lato 'buono' di questa nuova ondata (e della sua giustapposizione estremizzata, estetizzante dai limiti dell'onirico) è la cosiddetta scena Vaporwave, che infatti ha influenzato ambiti anche molto diversi. Sono un gran fan della Vaporwave e questo è un esempio recente e bellissimo: poolside.fm
Lo Schüfftan process è un effetto speciale che è stato inventato dal regista tedesco Eugen Schüfftan e largamente utilizzato durante la prima metà del '900. Serviva per far interagire gli attori con dei modelli in scala realizzati per la scenografia e sfruttava la possibilità di eliminare una parte della superficie riflettente degli specchi. Qui è spiegato nel dettaglio. A questo link invece trovate tutti gli episodi di "Cinema Europe: The Other Hollywood", la mini serie da cui è tratta la gif, mentre "10 Movies With Mind-Blowing FX That Pushed The Envelope" è un ottimo articolo per approfondire l'argomento.
Tutti i sintetizzatori utilizzati in "Shout" dei Tears For Fears. Con tanto di patch da scaricare.
Come parlano gli alberi tra di loro. Ce lo spiega Suzanne Simard in questo TED.
Mentre si moltiplicano i servizi di streaming video, quelli audio rimangono un po' al palo: grazie agli accordi con le major l'offerta è praticamente la medesima e - visti i supporti di fruizione - la qualità audio è un valore aggiunto poco rilevante. Risultato: due grandi player e qualche esperimento premium. Vale la pena quindi andare alle origini dei tentativi di diffusione della musica e scoprire il Théâtrophone, coraggiosa e ingegnosa invenzione realizzata dal francese Clement Ader nel 1881. Come suggerisce il nome, si trattava di un servizio - con tanto di 'abbonamento' - che trasmetteva brani di opera e teatro attraverso la linea telefonica, sdoppiata su due canali per ricreare un rudimentale effetto stereo. L'invenzione fu perfezionata qualche anno più tardi a Londra con l'Electrophone: in questo caso gli utenti avevano anche un microfono con cui comunicare le richieste al centralino in una sorta di 'on demand' ante-litteram. Il Théâtrophone chiusei battenti negli anni '30, troppo costoso e - soprattutto - vittima della diffusione di un nuovo, rivoluzionario medium: la radio.
Su Walt Disney sono state raccontate e scritte storie di ogni tipo. Tra le molte, sembra non vedesse di buon occhio le rimostranze da parte dei lavoratori, tantomeno gli scioperi. Qui ci sono le - splendide - immagini dello sciopero del 1941, con cui gli animatori chiedevano sostanzialmente all'azienda di migliorare le condizioni di lavoro di animatori e illustratori. Per la cronaca: vinsero loro.
Una delle cose che si imparano guardando da vicino un qualsiasi tipo di produzione musicale, è che lo studio è un vero e proprio strumento, al pari degli altri che siamo abituati a conoscere. Uno studio di registrazione è importante quanto un pianoforte, una chitarra, un'orchestra. Senza andare troppo lontano, per svelare e dimostrare il concetto basta partire dal fulgido esempio degli Abbey Road, per poi provare a rimodulare le riflessioni su questo ruolo in un'epoca in cui l'home recording è diventato così accessibile. Nel frattempo, un piccolo compendio: "21 Awe-Inspiring Music Studios Around the World".
"I have a small heart" è un breve documentario di Bajir Cannon che accompagna il viaggio di Megumi Ueno, illustratrice e scrittrice, lungo il Kumano Kodo attraverso lemontagne Kii in Giappone. Il Kumano Kodo è un antico percorso di pellegrinaggio (Patrimonio Mondiale Unesco), considerato il cuore spirituale del Giappone.
"Consider a future device ... in which an individual stores all his books, records, and communications, and which is mechanized so that it may be consulted with exceeding speed and flexibility. It is an enlarged intimate supplement to his memory."
Vi ricorda qualcosa? Questa dichiarazione risale al 1945. L'autore è il Dr. Vannevar Bush, allora direttore dell' "Office of Scientific Research and Development" (quello del Progetto Manhattan), e si riferisce al Memex, un apparecchio che non vide mai la luce, ma influenzò la nascita del Web per tornare poi nuovamente come progetto della DARPA nel 2014. L'idea di Bush e la storia del Memex sono state così rilevanti che, quindici anni fa, la "US Defense Advanced Research Projects Agency" iniziò a lavorare a "LifeLog": un software che avrebbe dovuto monitorare i principali aspetti della vita quotidiana di ogni individuo (spostamenti, consumi culturali...) e archiviarli in un database di 'diari personali'. Ancora una volta: vi ricorda qualcosa?
Victor Perez è un regista, specializzato in effetti speciali, che utilizza i VFX per sperimentare nuove forme di narrazione (ha lavorato a film del calibro di "Pirates of the Caribbean", "Batman - The Dark Knight Rises", "Harry Potter and The Deathly Hallows" e "Rogue One: A Star Wars Story"). Nel 2017 è uscito "Echo": un cortometraggio scritto e diretto da Perez che sfrutta una strabiliante tecnologia sviluppata dagli Stiller Studios di Stoccolma. La storia personale e professionale di Victor Perez è un grande esempio di come sia possibile trovare la propria strada anche attraverso le alternative nate da eventi non proprio positivi. Qui c'è il bellissimo making-of di “Echo”.
Bas Berkhout è uno dei migliori storyteller in circolazione. Dopo aver lavorato come regista per vari brand, ha co-fondato Like Knows Like: un progetto in cui racconta le vite personali di artisti e creativi. La sua galleria di ritratti è una grandissima fonte di ispirazione e il valore aggiunto di ogni video è tutto nel suo sguardo. Nella capacità di far emergere le doti umane che caratterizzano lo stile e la personalità di ogni protagonista (due episodi consigliatissimi: Oliver Jeffers e Jon Burgerman).
Felicità è anche poter fare nella propria vita esattamente ciò che più si ama. O forse no. "Z Channel: A Magnificent Obsession" è un documentario realizzato da Xan Cassavetes che racconta la storia dello Z Channel: uno dei primi canali via cavo negli Stati Uniti. Con una programmazione appassionata e sregolata, che spaziava dai B-Movies al cinema d'autore europeo, lo Z Channel ha segnato profondamente un'intera generazione di cineasti, attori e amatori. Il suo ideatore, Jerry Harvey, è stato un personaggio molto contraddittorio e l'epilogo di questa storia è decisamente drammatico. Non ve lo racconto. Guardate il documentario: ne vale la pena.
Qualcuno ha misurato le strade di New York e ha scoperto che - incluse quelle che attraversano i parchi - si snodano per circa 13000 Km (8000 miglia - almeno finché gli statunitensi non si decidono ad abbandonare il loro ridicolo sistema). Un bel giorno, Matt Green ha deciso che le avrebbe percorse per intero. Matt Green è un ragazzo della Virginia che lavorava come ingegnere civile. Nel 2010 ha mollato la scrivania e si è messo a camminare da Rockaway Beach, nel Queens, a Rockaway Beach in Oregon, attraversando gli Stati Uniti da costa a costa. Lo faceva sorridere 'sta cosa dello stesso nome con una nazione in mezzo.
Ha impiegato cinque mesi, camminando circa 33 Km al giorno (20 miglia, sempreper il discorso di prima). Poi ha deciso di camminare per New York. Per tutta New York. Gli ci sono voluti circa sei anni. Di miglia ne ha percorse 9113 (ad oggi). Forse avete letto la sua storia prima di adesso, forse no. Il suo sito I'm Just Walkin' è bruttino, ma zeppo di foto, storie e osservazioni registrate durante le passeggiate. La cosa (per me) irrilevante è che Matt non fa altro nella vita. Gira per New York dormendo qua e là, ospite di amici e conoscenti, spende una media di 15 dollari al giorno e si mantiene facendo il cat-sitter (ma anche il dog-sitter, se sapete di qualcuno che può essere interessato). La cosa (per me) molto rilevante è invece che Matt è una miniera di storie e una fonte potentissima di amore e devozione per una città che adoro. Il regista Jeremy Workman ha deciso di raccoglierne qualcuna e, soprattutto, di raccontare l'impresa di Matt Green (Workman è un'altro tizio abbastanza fissato con la città in questione) realizzando un documentario. Si intitola "The World Before Your Feet" ed è eccellente. Procuratevelo e guardatelo.
La storia di come la Bauhaus arrivò in Giappone. Un clash culturale incredibile che portò a delle commistioni tanto inaspettate quanto efficaci.
Candidato per la categoria “Short Documentary” agli Oscar 2019, "A Night at the Garden" è un breve documentario, realizzato da Marshal Curry, che racconta un episodio ai limiti dell'inverosimile. Il 20 febbraio del 1939, circa 20000 persone si radunarono al Madison Square Garden per una manifestazione nazista in favore della German American Bund, un'associazione che 'simpatizzava' con la folle ideologia che Hitler stava propugnando in Germania. In quegli anni, episodi simili non rimasero isolati (anche se nessuno raggiunse le proporzioni di quello raccontato nel documentario): andarono scemando solo quando arrivarono le notizie delle prime vittime americane in guerra. Le immagini sono davvero sconvolgenti: sembra di guardare gli spezzoni di un film distopico o di una qualche ricostruzione. Un lavoro che è un monito importante, realizzato con intelligenza.
Cinque anni fa è venuto a mancare Tomi Ungerer, uno dei più grandi illustratori della storia recente. Famosissimo per aver realizzato splendidi libri per bambini, per i manifesti che hanno contribuito alla diffusione della controcultura statunitense e, infine, per le sue formidabili tavole erotiche. Qui c'è una bella intervista (dura una ventina di minuti).
(ALCUNI) DISCHI
Avevo un vaghissimo ricordo di Laura Allan, legato probabilmente alla sua collaborazione con David Crosby - chissà. Comunque: il solito, ottimo Luca Collepiccolo ha postato un suo disco e sono corso ad ascoltarlo. Mi ha incuriosito e ho scoperto che un paio d'anni prima la Allan aveva pubblicato il suo esordio. Un lavoro molto diverso, pesantemente influenzato proprio dal pop-rock folk di Crosby e da Joni Mitchell (ha collaborato anche con lei). Insomma: mi sono appassionato al suo omonimo album del 1978 e vi consiglio l'ascolto perché è davvero bello.
Christophe Chassol è un musicista parigino e, tra le tante, disparate collaborazioni, annovera nomi come Frank Ocean, Solange, Sébastien Tellier e i Phoenix. Già bambino prodigio (è entrato all'Institut National de Musique a soli quattro anni per studiare pianoforte), si è laureato al Berklee College of Music di Boston e ha poi intrapreso una carriera che parte dall'idea di approcciare la composizione con il metodo documentaristico. Prima di comporre le parti strumentali infatti, Chassol passa molto tempo a registrare suoni e voci d'ambiente, per poi tagliarle, ricucirle e 'commentarle' con la sua musica. Mi rendo conto che la spiegazione mostra i limiti delle parole; fidatevi però se vi dico che l'ascolto di ogni lavoro di Chassol - e quindi anche del suo ultimo "Ludi" - è un'esperienza totalizzante, capace di scatenare suggestioni tanto acustiche quanto visive e narrative, con l'aggiunta di un interesse entusiasta e un gusto sopraffino per il ritmo della voce che pronuncia.
Quella di Alice Clark è una storia comune a molti artisti soul esplosi tra la fine dei '60 e i primi anni '70. Origini modeste (era cresciuta nel quartiere di Bedford-Stuyvesant a Brooklyn), profondamente religiosa (pare facesse parte di un culto para-cattolico che impediva alle donne di lavarsi corpo e capelli troppo spesso) e una voce pazzesca, ricevuta misteriosamente in dono dalla nascita. Caduta nel dimenticatoio dopo qualche singolo e un unico album, è stata oggetto di una fugace riscoperta durante i fasti del Northen Soul e poi di nuovo il silenzio. Grazie al cielo quelli di Wewantsounds hanno ristampato il suo omonimo esordio lo scorso anno e noi possiamo gioire di un disco così intenso e grondante bellezza da lasciare senza fiato in più di un episodio. Recuperatelo. Ora.
Ignobilmente tradotta "Albertone" e trasmessa in Italia a partire dal 1983, "Fat Albert and the Cosby Kids" è stata una serie animata prodotta e ideata da Bill Cosby (inserite qui tutti gli insulti che vi vengono in mente). Prima di diventare una serie, il cartone andò in onda sulla NBC nel 1969, in prima serata, con uno speciale intitolato "Hey, Hey, Hey, It's Fat Albert". La colonna sonora fu affidata a Herbie Hancock che compose "Fat Albert Rotunda": il suo primo album dopo l'abbandono del Miles Davis Quintet. Disco di funk arioso e ispirato, "Fat Albert Rotunda" è un lavoro pieno di gioia e di eccellenti, impercettibili trovate compositive. Recentemente ristampato da Superior Viaduct, lo ascoltate per intero qui.
Impossibile non consigliare la stratosferica, imperdibile colonna sonora di "FEZ" (uno dei videogiochi protagonisti del favoloso documentario “Indie game: the movie”) ad opera di Richard Vreeland aka Disasterpeace.
Uno dei miei dischi jazz preferiti. Uno dei best-kept secrets del genere (e della sconfinata produzione nipponica.
(ALCUNI) PODCAST
Il Tempo è uno dei fattori principali tra quelli in grado di farci riconsiderare gli errori o, perlomeno, osservarli sotto una luce diversa. "You're wrong about" è un podcast realizzato e condotto da Michael Hobbes e Sarah Marshall che riesamina eventi del passato cercando di evidenziare cosa è stato male interpretato o come potremmo approcciare oggi ciò che è accaduto allora, in un diverso contesto culturale e sociale.
Everything is Alive è uno spettacolare podcast che mette in scena interviste agli oggetti. Ogni oggetto è interpretato da un attore che risponde immaginandosi nei panni dell'intervistato. Scopriamo così che gli oggetti ci guardano, che pensano a noi - che gli manchiamo, anche. Ovviamente non sono loro a dircelo: è la nostra presenza a spiegargli e a spiegarci cosa significano per noi.
(ALCUNI) LIBRI
"C’era una volta il cinema" è l'autobiografia che Sergio Leone ha affidato a un'intervista con Noël Simsolo durata quindici anni. Come è facile immaginare, racconta una vita memorabile, fatta di incontri incredibili e di una passione bruciante, ma dai connotati molto pragmatici. Leone era un burbero con una fede incrollabile nell'amicizia e un amore smisurato per il suo lavoro. Anzi, il suo mestiere. Leggetelo.
Il "Magic Kingdom" è uno dei parchi più famosi del "Disney World" ed è il luogo dove è ambientata la storia dell'omonimo, spettacolare romanzo di Stanley Elkin. "The Magic Kingdom" (in italiano "Magic Kingdom", pubblicato da Minimum Fax) racconta la storia di Eddy Bale che perde il figlio dodicenne Liam a causa di una grave malattia e, subito dopo, viene lasciato dalla moglie. A questo punto, Bale ha un'idea: portare sette bambini, tutti affetti da gravissime patologie allo stadio terminale, a fare un'ultima vacanza a Disnelyland. Ora. Una trama simile promette lacrime e tristezza. La totale genialità di Elkin sta nel rendere tutta questa storia divertentissima. Sul serio. "Magic Kingdom" è un libro che fa ridere. Si ride della malattia. Di ogni malattia. Si ride della cattiveria feroce dei sette bambini (ma anche di quella degli adulti). Si ride della finzione dell'universo Disney. Si ride tanto, tantissimo e ci si commuove - anche - ma sempre ridendo. In un equilibrio euforico, quasi isterico, che segue quello dei sette ragazzini in giro a far danni per le strade di un luogo che non esiste. "The Magic Kingdom" è uno dei miei romanzi preferiti in assoluto; è stato pubblicato nel 1985. Elkin ha scoperto di essere malato di sclerosi multipla nel 1972.
Un'intervista a Stanley Elkin
Ho finalmente letto un romanzo di Jean Echenoz. Si intitola "Lampi", ed è uscito in italiano per Adelphi nel 2012. La storia è una versione epica (e romanzata dallo splendido stile postmoderno di Echenoz) della già straordinaria vita di Nikola Tesla. Esistenze incredibili, trasformate in Letteratura e raccontate in modo abile: con una lingua (la traduzione sembra fedele) e un'andatura narrativa che costituiscono già una 'storia' in sé.
(ALCUNI FILM/SERIE)
Moltissimo tempo fa - avevo 9 anni - mi capitò di vedere "Shangri-la" (il titolo originale è "Lost Horizon"), film del 1937 diretto da Frank Capra che raccontava la storia di un gruppo di persone che si imbattono nella mitologica città. Ricordo che mi colpì molto, provocandomi una sensazione di profonda gioia e di dolore nostalgico: è una delle memorie lontane più vivide che ho. Quando ho scoperto di recente che lo studio costruito da Rick Rubin porta lo stesso nome, mi è sembrata una non-coincidenza fenomenale. La struttura in cui è stato realizzato lo studio ha questo nome da prima di diventare uno dei luoghi più ambiti e famosi per chi fa musica, ma non voglio rovinarvi la sorpresa anticipando altro. "Shangri-la" è una mini-serie di Showtime (ora su Paramount+) che racconta la vita e il lavoro di quello che è probabilmente uno dei produttori più anomali in circolazione. Una leggenda vivente. Sono quattro puntate, contengono - ovviamente - anche della grande musica.
Mi sono imbattuto in "Petscop" leggendo questo articolo su Bandcamp che ne introduce la 'colonna sonora'. È difficile descrivere "Petscop" senza svelare informazioni che possano privarvi del piacere della scoperta - se avrete voglia di approfondire. Quindi riassumerò quello che ho 'vissuto' io inizialmente, leggendo parte dell'articolo (mi sono fermato al primo paragrafo) e precipitandomi poi alla ricerca dei dettagli di questa storia. Tutto nasce con l'omonimo canale YouTube dove un certo Paul inizia a postare i video registrati mentre è alle prese con "Petscop": un videogioco per Playstation One. Sulla confezione del videogioco, Paul trova un messaggio che gli indica una sequenza di tasti da premere sulla schermata del menù mentre il gioco è in pausa. Dalla 'superficie' del gioco, Paul entra in una specie di enorme sotto-livello dall'atmosfera inquietante e zeppo di riferimenti a macabri fatti accaduti anni prima. Nei video seguiamo Paul esplorare il videogioco, come faremmo in uno qualsiasi dei milioni di canali YouTube disponibili in rete, ma capiamo presto che c'è dell'altro. Sembra che il programmatore stia cercando di mettersi in contatto con chi è alle prese con il gioco: attraverso una serie di puzzle game da risolvere, "Petscop" ci racconta una storia di abusi commessi in passato. È un lascito, la testimonianza/vendetta di chi lo ha programmato. O forse no? Dopo aver guardato i primi video, sono passato al canale "Nightmare Masterclass", che ha profusamente e magistralmente indagato le immagini postate da 'Paul', integrando a volte l'analisi con i commenti lasciati su YouTube o sul canale Reddit che è stato aperto nel frattempo. "Petscop" è un lavoro molto complesso, pieno di riferimenti e rimandi, disturbante e poetico allo stesso tempo. Non credo di esagerare definendolo un vero e proprio spartiacque narrativo. Armatevi di pazienza e guardatelo. Io, arrivati a questo punto, preferisco non dirvi di più.
"Recorder: The Marion Stokes Story" diretto da Matt Wolf narra la storia di Marion Stokes e della sua ricerca della verità attraverso un'ossessione compulsiva. Ex-bibliotecaria e attivista, in occasione della crisi degli ostaggi iraniani del 1979 la Stokes inizia a videoregistrare 24 ore di televisione ogni giorno. Smetterà più di 30 anni dopo, lasciando un archivio immenso e preziosissimo: per molti anni infatti, le emittenti televisive hanno ammortizzato i costi cancellando e sovrascrivendo i nastri utilizzati. Le circa 70000 videocassette sono ora state acquisite da Archive.org che si occuperà di digitalizzarle e renderle disponibili online. Qui un approfondimento.